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America Latina: diritti umani sotto scacco

Presidente del Brasile Dilma Rousseff e Pelé.

Presidente del Brasile Dilma Rousseff con Pelé.

La strada per lo sviluppo ed il miglioramento complessivo delle condizioni di vita dei cittadini passa principalmente dal tema dei diritti umani fondamentali. Il più importante, dal quale derivano tutti gli altri, è proprio il diritto all’incolumità ed alla sicurezza personale. Nel continente latinoamericano, dove crisi politiche, sociali ed economiche non mancano, la via verso lo sviluppo sta nella capacità delle istituzioni nazionali e locali di gestire i diritti dei propri cittadini.

I Paesi dell’America Latina vengono riportati spesso sui media europei per il clima di insicurezza in cui vivono generato dai narcotrafficanti, dalla criminalità organizzata e dai guerrilleros. Quello che leggiamo da qualche mese è che lo Stato, che dovrebbe proteggere i suoi cittadini, si trasforma spesso nell’aguzzino. Ciò accade per via di nuove leggi estremamente severe che sono concepite (forse senza intenzionalità) per tutelare la sicurezza dei cittadini, ma che diventando uno strumento di repressione che ledono diritti umani.

La lista di Paesi latinoamericani che non sono in grado di dare garanzie sulla protezione dei diritti umani dei propri cittadini sembra aumentare con l’avvicinarsi del campionato mondiale di calcio.

Messico:

Due settimane fa uno Stato del Messico ha approvato un disegno di legge che consente l’uso di armi da fuoco nel corso di proteste pubbliche. Questo restringerebbe la libertà di espressione e manifestazione. Apparentemente tale legge è stata modificata in seguito alla accese proteste e pare che il nuovo disegno di legge non consenta più l’utilizzo delle armi da fuoco durante il corso di pubbliche manifestazioni.

Brasile:

Dallo scorso novembre il Parlamento brasiliano lavora su una legge anti-terrorismo che, in teoria, dovrebbe fornire uno strumento di protezione da attentati ed atti violenti. Nella pratica, la definizione di terrorismo presentata nel provvedimento è talmente generica che si presterebbe facilmente a punire crimini che non hanno nulla a che fare con il terrorismo. Attivisti per i diritti umani hanno già manifestato grandi perplessità riguardo l’utilizzo che il governo potrebbe fare del provvedimento in occasione di nuove proteste. Se le nuove norme si dovessero applicare, chi compie atti vandalici rischierebbe una reclusione da un minimo di 12 anni fino ad un massimo di 40 anni. La pena minima è superiore alla pena prevista per omicidio.

A tale proposito Amnesty International ha lanciato un appello denominato “dagli il cartellino giallo” nella quale viene chiesto al governo brasiliano di evitare l’uso della forza per contrastare le manifestazioni pacifiche. C’è tempo fino al 2 giugno per firmare l’appello e puoi farlo cliccando qui.

Argentina:

in Argentina esiste già una legge anti-terrorismo che è stata applicata, per la prima volta, per accusare il giornalista Juan Pablo Suárez di sedizione e incitamento alla violenza collettiva contro le istituzioni. A fine 2013 Suarez aveva filmato l’arresto di un poliziotto scioperante da parte di alcuni colleghi. Suarez dopo dieci giorni è stato rilasciato, ma sta affrontando un processo che potrebbe potrebbe portarlo ad una condanna di 12 anni di reclusione.

Ecco il filmato dell’arresto del poliziotto che ha portato Suarez ad essere arrestato a sua volta:

Venezuela:

Da febbraio si portano avanti in Venezuela delle manifestazioni contro il Presidente Nicolas Maduro. Secondo un report dell’organizzazione Human Rights Watch, i manifestanti sono stati vittime di abusi fisici e psicologici tra cui fratture, negazione di cure mediche e minacce di morte o di stupro. Oltre 40 persone sono morte da quando le proteste sono scoppiate.

I casi dei Paesi dell’America Meridionale dimostrano come sia ambigua la strada che alcuni Paesi percorrono per ottenere riforme, sviluppo di beni pubblici e migliore tenore di vita per i propri cittadini. La regione sudamericana sta affrontando una sfida con se stessa ma deve mettere al primo posto i bisogni della gente, vale a dire, il rispetto dei diritti umani.

Fonti:

http://www.animalpolitico.org

http://www.lagranepoca.com

http://www.lapresse.it

www.latinamerica.undp.org

Flaviano Tarducci 01/06/2014

Pubblicato in Segnali di fumo – magazine per i Diritti Umani www.sdfamnesty.org